La creatività nella fotografia
(Sergio Sarigu)
La creatività è un concetto complesso che
caratterizza l’uomo nelle sue espressioni più elevate e più deplorevoli come la
progettazione di ordigni bellici. E’ un’attività superiore che necessita l’applicazione
di sensibilità e cultura personale. E’ un concetto che si applica a tutte le
arti compresa la fotografia che è l’oggetto del nostro incontro.
Una prima osservazione da fare è che non si può
essere creativi se prima non si è padroni assoluti della tecnica e dei mezzi
che stanno alla base della forma d’arte.
L’evoluzione di un fotografo passa attraverso tre
momenti, acquisizione dei concetti base della fotografia (tempi di scatto,
apertura dei diaframmi e sensibilità ISO), composizione dell’immagine attraverso le regole di
base e del dominio della luce in tutti i suoi aspetti, e infine il momento
creativo.
Ma che cos’è un’immagine creativa? La risposta non è facile perché ha in nuce
l’idea di arte con i suoi aspetti di universalità e soggettività. L’immagine
creativa è originale, una nuova proposta tecnica ed espressiva che esprime
bellezza, con rappresentazione di soggetti astratti e/o simbolici; è
un’immagine che attrae e che fa riflettere.
Molte volte si scambia un’immagine tecnicamente
perfetta per creativa, ma questo non sempre è vero. Un’immagine prodotta solo
su basi tecniche ed estetiche sarà un prodotto buono ma non originale.
Il creativo è una persona che sa rischiare, che non
ricerca il consenso a tutti i costi perché ciò
produce solo prodotti conformi, già visti.
Molte volte si discute tra fotografi sul valore e
significato dei termini creare e cogliere.
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Robert Capa, "Morte di un
miliziano" (1936) |
Robert Doisneau, "Il bacio
davanti al Municipio" (1950) |
Alcuni sostengono che una foto creativa
sia quella colta al volo, come per esempio il miliziano di Capa. Altri
sostengono che l’immagine creativa debba essere il frutto di un progetto
architettato in seguito ad un’idea. Nel primo caso bisogna avere una fortuna
sfacciata e la capacità di cogliere al volo l’attimo fuggente. Inoltre non è
detto che tutte le immagini che nel passato ci hanno “venduto” come “colte al
volo” siano tali; è il caso del bacio di Doisneau che, come lo stesso autore
dichiarò, fu un’immagine costruita con due fidanzati consenzienti.
Il concetto di creatività invece
presuppone uno studio, ricerca e progetto propedeutici all’esecuzione
dell’immagine.
Le prerogative che deve avere un creativo
sono convinzioni comuni a fotografi creativi come Oliviero Toscani, Michael Orton e Bryan Peterson. Di
seguito riporto quelle che sono le qualità fondamentali che un fotografo deve
avere e mettere in gioco per essere creativo secondo questi tre grandi
fotografi.
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Oliviero Toscani: istinto, immaginazione
e progetto da seguire (per realizzare un sogno)
·
Michael Orton:
Visione, immaginazione e passione
·
Bryan Peterson:
ispirazione, immaginazione e progetto
·
Orton non
menziona espressamente il progetto, ma se si consulta il suo libro “La visione
creativa in fotografia” si capisce che tutte le sue opere sono dovute a un
progetto ben definito.
Sulla base di quanto detto prima, un
fotografo creativo produce immagini innovative, costruite a partire da una idea
originale, riconoscibili fra mille a prescindere dalle etichette e didascalie.
L’istinto
è un sentimento animale, primordiale, che si basa sulle esperienze pregresse ed
è alla base delle idee che generano immagini creative siano esse progettate o colte
rubando l’attimo. L’istinto è la linea di separazione tra i fotografi creativi
e quelli no e chi l’ha deve essergli fedele.
L’amore
per se stessi, la paura di sbagliare, la voglia di provocare, sono tutte
condizioni essenziali per essere creativi; chi ama conformarsi ad una moda non
sarà mai creativo.
Parafrasando
Toscani, l’opera creativa è un sogno che si realizza, ci rende partecipi e ci
fa riflettere su ciò che sta rappresentando sia in modo esplicito o implicito
Come
detto dai grandi fotografi, la creatività è anche immaginazione, una capacità
che tanti giovani in questi ultimi tempi stanno, purtroppo perdendo a causa
delle nuove tecnologie che rubano tutto il tempo libero lasciando poco spazio
al pensiero libero. Ciò è un grave danno perché c’è chi afferma che il futuro
di un popolo dipende dalla sua capacità d’immaginare. L’immaginazione alimenta
la creatività e si alimenta di essa, come quando si guarda un quadro, una foto,
un paesaggio o il pescivendolo che lavora nel suo banco.
Molti
fotografi creativi come Toscani, Capa, Dorothea Lange…sono
stati o sono affezionati a rappresentare
la condizione umana così come i pittori Bacon e Froid.
In tutte le opere di questi artisti si leggono sentimenti ed emozioni espressi
in modo personale, riconoscibili tra mille e da esse trasuda la certezza di una
esecuzione pregevole.
Al
soggetto della condizione umana si rifanno certamente i fotografi di guerra; il
loro è un mestiere difficile date le condizioni di pericolo nelle quali devono
operare, ma anche in questo caso solo pochi di essi sanno concentrare in una
immagine il dramma di un’etnia o di una
nazione. Tutto avviene attraverso la contestualizzazione del soggetto, la sua
espressività e nella frazione di un secondo. Quell’immagine darà a tutto il
mondo il senso di sofferenza, impotenza che una guerra produce.
Immaginiamo
ora uno studio fotografico nella moderna e pacifica New York dove un fotografo
si impone di trasmettere le stesse sensazioni attraverso una foto eseguita in
studio. Quali saranno i suoi intuito, immaginazione e progetto?
Oliviero Toscani ha fotografato una
maglietta e un paio di pantaloni mimetici sporchi di sangue su di uno sfondo
bianco indossati da un soldato bosniaco quando fu colpito a morte. Questa
semplice foto ci trasporta immediatamente nelle atrocità di una guerra e nella
pena di queste morti assurde.
Il
padre di Toscani era un reporter di guerra, fu lui a fotografare l’impiccagione
di Mussolini a Milano. Un giorno andò a trovare suo figlio nello studio
fotografico mentre questi si accingeva a comporre una fotografia; nel vedere
tutta l’organizzazione e la profusione di attrezzature disse al figlio: “ era
molto più semplice in guerra, inquadravi il morto o il carrarmato in fiamme ed
il gioco era fatto, qui c’è un caos terribile per una foto”.
In
questa frase c’è racchiuso il concetto di foto creativa come figlia di un’idea,
un progetto e una capacità tecnica completa.
Volevo
chiudere queste note facendo una riflessione su pittura e fotografia nel loro
impegno nel documentare la condizione umana. Da sempre i pittori hanno avuto
nel soggetto guerra ampie possibilità di lavoro; abbiamo immagini delle guerre
di Alessandro Magno, degli eroi greci, delle campagne romane e così via. Tutte
rappresentazioni truci, violente, ma nessuna di queste evoca l’orrore della
bambina vietnamita che scappa nuda dal suo villaggio in fiamme o della divisa
del soldato bosniaco di Toscani.
Le
foto dei campi di concentramento tedeschi, della guerra del Vietnam, sono
documenti perennemente visibili, storici e molto più
evocativi di un quadro o un libro di storia.
Una
fotografia ci trasporta dentro alla scena ripresa perché chi uccide e chi viene
ucciso sono reali e inducono sensi di colpa e vergogna per il genere umano che
ancora non ha capito; è memoria storica della condizione umana, obbliga a porci
delle domande sul ruolo che ricopriamo sulle responsabilità che abbiamo o che
avremmo nella società. Una fotografia coinvolge tutta la nostra cultura
passata, presente e condiziona quella futura.